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nilocram

Mio caro ministro il teorema di Pitagora non è sempre vero: archive.fo/eHTfY
Un articolo di Chiara Valerio che mette in discussione la concezione di e di cultura in generale che sta alla base della bozza delle nuove indicazioni nazionali per la pubblicata dal ministro dell'istruzione @scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org
@maupao @macfranc

@nilocram non ho mai apprezzato Chiara Valerio quando parla di matematica e con questo articolo non posso che rafforzare la mia impressione.

Diciamo che riesce quasi a farmi essere d'accordo con il ministro... 😅

@scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org @maupao

@macfranc Ma vabbe', l'articolo è un esempio del classico genere pedagogista "denuncia del nozionismo e centralismo del curriculum ministeriale". In effetti una volta letto Mario Alighiero Manacorda ogni successivo esempio è superfluo.

Tu dici, @macfranc?
Io non lo trovo così malvagio.

Personalmente insegno matematica e con ogni classe prima o poi mi capita di dedicare un'oretta a mostrare che non in tutti i contesti 2+2=4. Oltre a dover ripetere spesso che il "principio di autorità" in matematica non vale gran ché.

Forse l'appunto che farei all'articolo è: personalmente uso la parola "verificabile" quando la verifica è un esperimento scientifico. In matematica userei invece "dimostrabile".
@nilocram @scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org @maupao

@Pare

l'appunto che farei all'articolo è: personalmente uso la parola "verificabile" quando la verifica è un esperimento scientifico. In matematica userei invece "dimostrabile".

Ecco, hai fatto un esempio interessante. Ho iniziato a leggere la scorsa estate il libro di Chiara Valerio "Matematica e è politica" e ho trovato tante imprecisioni di questo tipo. Provenivo da letture di libri di Lucio Russo e di Carlo Rovelli e ho avuto la stessa impressione che ebbi quando passai dai libri di Luciano Canfora sulla democrazia al pamphlet di Massimo Fini.
Con la differenza che Massimo Fini è un bravo scrittore e che conosce i propri limiti culturali.

@nilocram @scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org @maupao

@Pare sarei comunque curioso di sapere cosa ne pensa @mau di quell'articolo

Bisogna ammettere che la matematica è un terreno scivolosissimo da affrontare in contesti divulgativi (anche un vecchio furbacchione come Odifreddi certe volte non riesce a soddisfarmi), ma lo è ancora di più in contesti divulgativi legati alla pedagogia.

È lì che la discussione sulla pedagogia matematica deve districarsi tra la complessità vera e tentazione di stigmatizzare i luoghi comuni attraverso il contrario, altrettanto banalizzante, di quegli stessi luoghi comuni

@Pare @nilocram @scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org @maupao

@macfranc innanzitutto la mia recensione di Matematica è politica:
xmau.com/wp/notiziole/2020/11/

Sull'articolo: a parte che nemmeno io avrei usato verificabilità (ma avrei preferito "deducibilità") secondo me Valerio ha detto una cosa giusta ma l'ha detta male.

Mi spiego: la mia lettura (politica) è questa. Valerio pensa "Valditara cerca di sfruttare la 'verità' della matematica come base per buttare a mare il relativismo: col cazzo che la matematica è vera, è relativa come tutto il resto". E giù dovizia di esempi.

Tutto condivisibile: ma se stai scrivendo su Repubblica devi esplicitare la tua tesi prima di demolire quella altri, altrimenti i lettori non ti seguono. Per me insomma non basta dire

«Usare il teorema di Pitagora per dire che esiste una verità perenne e immutabile è un pensiero che reprime la volontà di lottare per il futuro. »

cosa che tra l'altro non è nemmeno corretta. I matematici dopo aver dimostrato il teorema di Pitagora hanno detto " orpo, adesso non abbiamo più nulla per lottare?"

Cc: @Pare @nilocram @scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org @maupao

[copertina]
Notiziole di .mau. · La matematica è politica (ebook)
Plus via Notiziole di .mau.

@macfranc
Mah, io so di avere dei limiti culturali, ma non sempre riesco a non varcarne i confini, per quanto io tenti di evitarlo.

Citi Carlo Rovelli. Ho presente almeno alcuni capitoli di suoi libri in cui a parer mio parla a sproposito di cose di cui non sa abbastanza. Ciò non mi impedisce di stimarlo e di apprezzarne i libri.

In questo messaggio, è citato malamente il titolo dell'autrice di cui stai parlando, perché "è" è ben diverso da "e"; ti perdoniamo.
@nilocram @scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org @maupao

@Pare

In questo messaggio, è citato malamente il titolo dell'autrice di cui stai parlando, perché "è" è ben diverso da "e"; ti perdoniamo.

La dettatura è uno strumento fantastico, ma non sempre riesco a correggerne i refusi 🤣🤣🤣

@nilocram @scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org @maupao

@macfranc
Chissà, forse dettandolo proprio corretto, compreso l'articolo, lo strumento automatico avrebbe avuto una minore probabilità di inserire un refuso.

O forse no, dipende da quanto è "largo" lo "sguardo" statistico sulle parole di contesto...

Quante imprecisioni che scriviamo per "limiti culturali" o "limiti tecnici" o ...

Accettare le proprie e altrui debolezze è sempre un buon inizio.
@nilocram @scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org @maupao

@Pare

forse dettandolo proprio corretto, compreso l'articolo, lo strumento automatico avrebbe avuto una minore probabilità di inserire un refuso

Sì, è così. Quando una frase viene dettata per esteso il sistema riesce a interpretarla molto meglio. Uno dei problemi principali che ho si verifica quando devo dettare monosillabi fuori dal contesto, come gli "è" o gli "ho/ha". È in quei casi che la dettatura dà il meglio di sé con mostriciattoli come "ogni hanno", "ha casa", "non e bello"

Quante imprecisioni che scriviamo per "limiti culturali" o "limiti tecnici" o ...

Questa frase sarebbe formalmente corretta in sé, ma nel contesto della nostra discussione, non sono disposto a lasciarla passare senza una necessaria puntualizzazione: sarebbe infatti metodologicamente scorretto e sostanzialmente sbagliato porre sullo stesso piano il falso ricordo dell'articolo determinativo di un titolo letto otto mesi prima, con le approssimazioni e le banalizzazioni che si trovano in quel libro

Accettare le proprie e altrui debolezze è sempre un buon inizio.

Questa frase invece non mi convince affatto. Certo, potresti aver utilizzato il verbo accettare per errore, mentre avresti voluto dire "essere consapevole", ma, premesso che accettare non significa far finta di non vedere, l'accettazione di una propria debolezza (non di un limite, ma di una debolezza) è un atteggiamento sbagliato.

Quanto alle debolezze altrui, non sono disposto ad accettarle se si ripercuotono negativamente su di me o sull'ambiente in cui vivo.

Se invece —come immagino— parliamo di "limiti culturali" o "limiti tecnici", allora è epistemologicamente difficilissimo comprendere i propri limiti e quindi è altrettanto difficile accettarli. È invece molto più facile accettare i limiti altrui, ma anche in questo caso c'è un problema: saremmo in grado di accettare solo i limiti altrui che siamo in grado di riconoscere e non i limiti altrui che non siamo in grado di riconoscere come limiti, perché vanno al di là della nostra portata; il ché dovrebbe farci capire che forse tutta questa fatica è antieconomica per tutti, sia in termini di risorse sia in termini di tempo...

@nilocram @scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org @maupao

@macfranc
Limite, o debolezza?, dei miei messaggi è il voler restare nella brevità della piattaforma che uso: 500 caratteri.

Si potrebbe approfondire, ma vedo tanta di quella gente che pur di non accettar le proprie debolezze le nega o distrugge il mondo che ha attorno pur di nasconderle, che arrivo a preferire chi le accetta; e magari coopera, con chi ne ha di diverse per reciproca compensazione.

Poi concordo, certo, non tutte le debolezze sono accettabili.
@nilocram @scuola@a.gup.pe @scuola@poliverso.org @maupao